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App di incontri: alla scoperta di una realtà quotidiana

App di incontri: alla scoperta di una realtà quotidiana

Le app di incontri sono sempre più diffuse e si prevede che entro il 2037 la maggior parte dei bambini nascerà da coppie formatesi online. Nonostante la loro efficienza nell’individuare partner, molti utenti rimangono insoddisfatti e psicologicamente provati. Gli algoritmi utilizzati per abbinare le persone non possono prevedere completamente il comportamento umano, come dimostrano vari studi e aneddoti. Diverse ricerche hanno evidenziato una correlazione tra l’uso delle app di incontri e problemi come depressione, ansia e stress, anche se non è stata stabilita una causalità diretta. Problemi come il rifiuto, il “ghosting” e i profili falsi aggravano la situazione, mentre solo una piccola percentuale di “match” si trasforma in incontri reali. Nonostante ciò, le app rimangono utili per chi è timido o vuole ampliare le proprie possibilità di stabilire relazioni anche sentimentali. Tuttavia, le problematiche psicologiche e di sicurezza richiedono una particolare attenzione da parte dei terapeuti al fine di poter adeguatamente supportare chi vive relazioni nate online.


(*) Silio Limiti

Abstract
Le app di incontri sono sempre più utilizzate, ma il loro utilizzo è spesso associato a disturbi nella sfera della salute mentale. Nonostante ciò il potenziale di questi strumenti resta indiscutibile, per questo, per un terapeuta, sembra inevitabile approfondire le problematiche e la realtà di questo settore in continua crescita.

Il mercato

Entro il 2030 quattro bambini su dieci nasceranno da coppie che si sono conosciute online ed entro il 2037 gli e-babies saranno la maggioranza. A rivelare la statistica è eHarmony, il sito di incontri più diffuso negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia, che ha commissionato l’indagine all’Imperial College Business School di Londra. Del resto, già nel 2020 le app di incontri venivano usate da più di 370 milioni di single in tutto il mondo e oggi si prevede che tra soli quattro anni, nel 2028, la cifra si avvicinerà al raddoppio, sfiorando la soglia dei 700 milioni di utenti. In base ad un altro studio, stavolta della Stanford University, nel 2017 il 40% delle coppie eterosessuali si sarebbe conosciuto online, mentre la percentuale delle coppie LGBTQ sarebbe ancora più alta. Sembra dunque plausibile che le future generazioni nasceranno per lo più da coppie che si incontreranno usando lo smartphone. Ma a fronte di una penetrazione tanto evidente nelle abitudini contemporanee, le app di incontri non sempre godono di una reputazione altrettanto positiva. La discussa fama è frutto di una tecnologia applicata in modo logico e risoluto, ma troppo lontana dalla sensibilità delle persone. Ne sono prova le lamentele degli utenti, insoddisfatti dei risultati e provati psicologicamente. Sebbene l’innovazione abbia reso più efficiente “cercare l’amore”, moltissime problematiche sono emerse e ancora non sono state risolte.

L’algoritmo

Sono circa una decina le app di incontri più diffuse e famose al mondo: sul podio ci sono Tinder, al primo posto con il 22% delle preferenze, seguito da Bumble con il 12% e da Badoo con l’11% (ancora di rilievo sono LOVOO con il 5% e Happn con il 4%). Tutte, in modo più o meno complesso, usano un algoritmo per funzionare. La parola algoritmo è ormai di uso comune nel contesto tecnologico, ma per fare un esempio più quotidiano si potrebbe pensare ad un algoritmo in riferimento ad una ricetta di cucina. Una ricetta, infatti, non è altro che un insieme di regole e di operazioni utili ad ottenere un risultato. Nell’esempio proposto il risultato è una gustosa pietanza da mangiare, nel caso delle app di incontri, invece, si tratta della compatibilità in amore tra due persone. Oggigiorno le app di incontri vantano l’ultimo modello di algoritmo come un traguardo della scienza. Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale sono diverse le aziende che promettono di raggiungere la perfetta compatibilità in amore sulla base delle informazioni lasciate dai singoli utenti sul loro profilo all’interno dell’app o diffuse da loro stessi, più o meno volontariamente, sul web. A tal proposito è interessante un aneddoto riguardante eHarmony, che, non molto tempo fa, esibiva lo slogan:

It’s time science had a go at love, […] imagine being able to stack the odds of finding lasting love entirely in your favor”.

Letteralmente:

È tempo che la scienza si innamori, […] immagina di essere in grado di accumulare le probabilità di trovare l’amore duraturo interamente a tuo favore”.

Nel 2018 l’Advertising Standards Authority americana, dopo aver chiesto all’azienda di mostrare le prove scientifiche di quanto affermato e non averle ricevute, ha giudicato il messaggio ingannevole e lo ha vietato, costringendo eHarmony a tornare sui suoi passi e a cambiare lo slogan.

Hannah Fry, brillante ricercatrice britannica, nel 2015 ha esposto in un TED talk, dal titolo eloquente “The mathematics of love”, i risultati più convincenti dell’applicazione della matematica al “problema amore”. Le conclusioni rispecchiano ciò che si può facilmente intuire: la matematica è una scienza rigorosa, il comportamento umano, invece, è tutt’altra storia. Nulla che possa essere previsto da un algoritmo. Lo sa bene anche Chris McKinlay, matematico e informatico americano, che nel 2012 ha hackerato OkCupid, una famosissima app di incontri, per consentirgli di trovare l’anima gemella con un po’ di vantaggio rispetto agli altri utenti. Come lui stesso ha dichiarato sul suo profilo Linkedin:

In 2012 I reverse-engineered OkCupid’s matching algorithm to make myself into the most popular of the 7 million or so male profiles active on the website

Ovvero:

Nel 2012 ho decodificato l’algoritmo di abbinamento di OkCupid per farmi diventare il più popolare dei circa 7 milioni di profili maschili attivi sul sito web”.

Tuttavia, nonostante l’impegno, la buona volontà e l’algoritmo di OkCupid totalmente dalla sua parte, l’ingegnere informatico ha dovuto affrontare 87 incontri nella vita reale prima di fermarsi al numero 88!

Per concludere, sembrano perfette le parole di Alexander Lowen, che nel 1965 in “Amore e orgasmo”, totalmente all’oscuro di ciò che il futuro avrebbe riservato ai single in cerca d’amore, scriveva:

Anche questa frontiera può scomparire in un cosiddetto oggettivismo scientifico che ridurrà la funzione sessuale a una tecnica. Se questo grande mistero della vita verrà tradotto in una formula, l’uomo diventerà un automa, completamente dominato dal suo ego e privato di ogni passione.” (Lowen, 1965, p. 298)

La salute mentale

Diversi studi hanno mostrato una relazione sistematica tra uso di app di incontri e disturbi nella sfera della salute mentale, anche se nessuno di essi ha potuto determinare la causalità tra i due fattori. Infatti non è stato possibile affermare se siano le app di incontri ad influenzare la salute mentale o se le persone con problemi di salute mentale prediligono le app di incontri per trovarsi. Non è stato ancora possibile dimostrarlo perché nessuno studio ha mai analizzato un campione di persone prima dell’uso di app di incontri, quindi nessuno studio ha mai osservato l’influenza delle app di incontri nel tempo, a partire da un campione di individui che prima dell’uso delle app di incontri non riportava sintomi. Questo tipo di ricerca è detto “longitudinale” e richiede un impegno maggiore in termini di tempo, di analisi e di costi. Viceversa, gli studi finora si sono basati su un confronto, nello stesso periodo di tempo, di due campioni identici, tranne che per un fatto: l’utilizzo o il non utilizzo di app di incontri. In ognuno di questi studi il gruppo che utilizza queste app presenta una significativa correlazione con sintomi depressivi o altri sintomi psicopatologici. Questo tipo di ricerca è detto “trasversale” e, a fronte di un impegno più sostenibile, offre dei risultati scientificamente validi, ma che spesso non chiariscono la causalità logica del fenomeno osservato.

Tra questi lo studio del 2020 di Raul Navarro, della University of Castilla, mostra che una relazione fragile, spesso frutto di una conoscenza online, è correlata a maggiori probabilità di essere insoddisfatti nella vita e di provare sentimenti di solitudine e di impotenza. In una relazione leggera entrambi i partner sono consapevoli del livello di coinvolgimento reciproco e, bene o male, possono gestirlo. In una relazione fragile, invece, vengono a mancare i presupposti di una consapevolezza di coppia e gli individui che ne fanno parte sono succubi delle loro stesse emozioni non condivise. In questo caso la relazione, seppur inizialmente sostenuta dalla passione, è molto più esposta a fratture e rischia di diventare ingestibile, dolorosa e frustrante, oppure di interrompersi in un attimo, in entrambi i casi con conseguenze sul benessere psicologico delle persone che ne fanno, o ne facevano parte. La ricerca è frutto di un’indagine che ha esaminato tre costrutti psicologici – soddisfazione per la vita, solitudine e senso di impotenza – in un campione di 626 adulti.

Lo studio del 2020 di Nicol Holtzhausen, della Western Sydney University, afferma che gli utenti di app di incontri swipe-based riportano livelli più alti di depressione, ansia e angoscia rispetto a chi non ne fa uso. Lo swipe (dall’inglese “scorrere”), oggi presente in moltissime app di incontri, è il sistema di gradimento originariamente proposto da Tinder per conferire un like (swipe a destra) o un dislike (swipe a sinistra) alle foto dei profili mostrate a tutto schermo all’interno dell’app di incontri. L’idea è semplice ed efficace, ma troppo lontana dal comportamento umano. Piuttosto, a parare di chi scrive, la somiglianza ha più a che fare con la selezione dei prodotti tra i banchi del supermercato. I dati dello studio di Holtzhausen sono il risultato di una ricerca effettuata online su 437 partecipanti, di cui il 30% utilizzava app di incontri. L’uso di app di incontri swipe-based è risultato correlato al disagio psicologico, con punteggi medi significativamente più alti per ansia, angoscia e depressione. Inoltre, all’aumentare della frequenza e della durata dell’utilizzo delle app si è registrato un aumento degli indici di stress psicologico e di depressione.

Uno studio di Yoni Zlot del 2018 evidenzia che né il genere né la presenza di un tratto di “sensation seeking” (definito come ricerca di esperienze intense o a rischio, fisiche, sociali o finanziarie) sono correlati all’uso delle app di incontri, quanto piuttosto lo è l’ansia sociale.

Nel 2019 Alvin Tran e il suo team individuano all’interno di un campione di 1769 adulti che usano app di incontri un’alta probabilità di mettere in atto comportamenti insalubri per il controllo del peso corporeo, come l’indursi il vomito, le diete estreme, l’uso di lassativi di pillole dimagranti di supplementi per la crescita muscolare o, persino, di steroidi.

Infine, a completare il panorama, si riporta la ricerca di Tzu-Fu Huang del 2023 che trova una significativa correlazione tra uso di app di incontri e depressione, ansia e stress in un campione di 2595 adolescenti di Taiwan.

Le altre problematiche

Le conoscenze virtuali, per la loro capacità di crearsi e disfarsi rapidamente, aumentano gli episodi di rifiuto e, spesso, senza che ci sia una spiegazione per chi il rifiuto lo subisce. Sebbene si tratti di un elemento normativo della vita di una persona, quindi assolutamente sano anche se doloroso, il rifiuto rappresenta un vero e proprio shock per la mente e il corpo di un individuo. A tal proposito, lo studio di Ethan Kross del 2011, dimostra che il rifiuto sociale e il dolore fisico vengono elaborati in modo molto simile nella corteccia cerebrale umana. In poche parole i segnali neurali che derivano da una separazione amorosa o dal vero e proprio dolore inflitto al corpo, nel nostro cervello, si traducono in un’attivazione delle stesse aree cerebrali. Su questa vulnerabilità della natura umana grava ulteriormente il “ghosting”, fenomeno per cui, nel mezzo di una conoscenza virtuale, uno dei due partecipanti sparisce nel nulla, proprio come un fantasma. Secondo una ricerca di Bankmycell sul ghosting, l’82% delle donne e il 71% degli uomini è stato coinvolto in qualche forma di “sparizione improvvisa” durante una conoscenza nata sulle app di incontri. Pare che la ragione principale sia il timore di confrontarsi dal vivo con l’altra persona, seguito dal riscontro di un profilo non congruente alla realtà e, infine, dai comportamenti “appiccicosi”. Il ghosting crea ripercussioni psicologiche difficili da affrontare, che spesso compromettono la stabilità emotiva di chi non può fare a meno di subirlo passivamente. Inoltre va precisato che un match online non corrisponde ad un appuntamento nella vita reale. Le app di incontri, infatti, come risultato del loro utilizzo creano un “match”. Ma questo non significa avere un appuntamento in agenda. Effettivamente trasformare un match virtuale in un appuntamento nella vita reale è un’operazione lunga, impegnativa e spesso infruttuosa. Uno studio norvegese di Trond Viggo Grontvedt su 269 studenti, pubblicato sulla rivista Evolutionary Psychological Science e riportato su Norwegian SciTech News, ha messo in luce la discrepanza tra numero di match e numero di appuntamenti ottenuti grazie a Tinder. Indifferentemente dal sesso, i risultati mostrano che solo la metà dei ragazzi è riuscita ad organizzare un appuntamento in carne ed ossa, ma ognuno di loro aveva ottenuto in media circa 100 match sull’app. A conferma di ciò Inside Marketing riporta cifre interessanti: grazie alle app di incontri ogni settimana verrebbero organizzati all’incirca un milione e mezzo di incontri dal vivo, a fronte però di 26 milioni di match online al giorno. Questo significa che solo lo 0.82% delle compatibilità si trasforma in un appuntamento.

Un altro punto critico delle app di incontri è costituito dai profili falsi. Il 10% dei profili di tutte le app di incontri è falso, praticamente uno su dieci. I più innocui fanno solo perdere tempo: bot, escort, o persone come tante che vogliono sperimentare l’anonimato o interpretare altre vite per spezzare la routine e farsi “due chiacchiere” online. Altre volte, invece, si tratta di vere e proprie truffe: solo nel 2016 l’FBI ha ricevuto più di 15.000 denunce dagli utenti americani, per una cifra totale di oltre 230 milioni di dollari derubati.

La sfiducia nel settore è alimentata anche da un altro aspetto: la possibilità di alterare la propria immagine o identità online. Un’indagine di eHarmony, che vanta milioni di utenti nel mondo anglofono, rivela che il 53% di loro mente su qualcosa: altezza, peso, età, guadagno e stile di vita. I maschi tendono a mentire sulla posizione lavorativa e sul reale guadagno, lo fa il 40% di loro. Mentre le femmine mentono di più riguardo all’età e il 20% di loro usa foto di quando era più giovane. Infine, il Global Web Index ha rivelato che su Tinder il 42% degli utenti mente riguardo il proprio stato sentimentale, spacciandosi per single quando ha già una relazione e il 30% è persino già sposato.

Per concludere è doveroso riportare alcune osservazioni sulla sicurezza. Primo o dopo aver mostrato reciproco interesse, tutte le app di incontri mettono a disposizione degli utenti una chat per conoscersi meglio. Sebbene risulti indispensabile per approfondire la conoscenza, la chat è anche luogo di sgradevoli episodi. Secondo un’indagine della rivista americana Scientific American un utente su quattro lamenta di essere stato aggredito in chat, ad esempio attraverso una comunicazione violenta a seguito di un rifiuto. Inoltre è diffusissimo l’invio di “dick pic” da parte degli uomini (letteralmente “foto del pene”). Lo studio di YouGov, su un campione di 2.300 adulti, riporta che il 29% delle donne ha ricevuto foto di genitali da parte dei “corteggiatori” e precisa che il 60% di loro non lo aveva richiesto.

Tutte le app di incontri consistono in un sistema tecnologico per mettere in contatto due persone che potenzialmente potrebbero piacersi. Oltre questo non c’è molto altro. Ne consegue che l’eventuale incontro, ammesso che ci sia, è qualcosa di molto simile ad un appuntamento al buio. È quindi inevitabile che ci si possa trovare a disagio, o persino a rischio. Uno studio di Statistic Brain rivela che il 10% degli individui che ha commesso un abuso sessuale è attualmente iscritto ad un’app di incontri; mentre secondo l’Indipendent, il 3% degli utenti sarebbe psicopatico (a fronte di una prevalenza media del disturbo antisociale di personalità dichiarata nel DSM5 che oscilla tra lo 0.2% e il 3.3%).

I vantaggi

Il primo indiscutibile vantaggio delle app di incontri è senza dubbio la loro comodità. Direttamente dal divano di casa, connesso a milioni di possibili partner, armato di pollice, tra uno swipe a destra e uno a sinistra, l’utente single si dedica alla ricerca di un appuntamento. Questa è la situazione: la tecnologia è in grado di accelerare i tempi, ridurre i costi e annullare le distanze. Ma avanzando di un solo passo, sotto la luce tiepida della cruda realtà, si osserva come lo stesso utente che prima spulciava beato i profili di decine di persone nel suo salotto, ora inizia ad assumere uno sguardo serio, teso e incredulo. Una smorfia di delusione si palesa sul suo volto: delle dieci compatibilità ottenute, quattro non rispondono più, tre sembrano soltanto voler perdere tempo, due non sono chi dicevano di essere e l’ultima… l’ultima resta una speranza, da verificare. A questo punto è chiaro un fatto: le app di incontri, oltre ad essere comode, sono un impegno, un lavoro a tempo pieno.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è ovviamente la timidezza. E non è un aspetto di poco conto, considerando quanto la timidezza sia un limite per molte persone. La timidezza, di per sé, non è un sintomo patologico, ma una caratteristica del profilo caratteriale di ogni persona che può esprimersi in varie forme e misure, ma assume connotati patologici quando limita il comportamento e l’espressione dell’individuo. Le app di incontri forniscono un contesto favorevole alle persone timide per fare il primo passo, anche se prima o poi il confronto con la realtà ci dovrà essere.

Conclusioni

In generale le app di incontri sembrano un buon sostegno per i meno spigliati e per chi desidera aumentare le possibilità di trovare un partner. D’altro canto sono evidenti le problematiche, psicologiche e non solo, che questi strumenti presentano.

L’esperienza con i pazienti mi ha portato ad intercettare diverse difficoltà inerenti alle app di incontri, per questo credo che una conoscenza di base di questo settore possa aiutare il terapeuta a non restare spaesato difronte alle storie d’amore che ormai, sempre di più, nascono e finiscono online.

(*) Psicologo, psicoterapeuta