
La dimensione psicocorporea nella stanza di psicoterapia online
Abstract
In vista dei nuovi scenari di intervento online a cui molti approcci psicoterapeutici attualmente aderiscono, si propongono alcune riflessioni sull’esperienza di psicoterapia online e comparazioni con quella dal vivo, maturate anche durante i nostri incontri di supervisione, nella cornice del modello biodinamico.
Abbiamo provato a sintonizzarci con questa nuova, forse ormai meglio dire attuale, dimensione di lavoro clinico, invitando i colleghi e le colleghe a tornare, per pochi minuti, alle emozioni ed ai vissuti nelle loro stanze di psicoterapia online.
L’obiettivo è di esplorare, con uno sguardo differito, se ci siano discrepanze significative con i propri vissuti rispetto alla co-presenza nella terapia dal vivo, rimanendo aderenti ai modelli epistemologici attraverso i quali si sono formati e provando ad “accordare” cosa pensano e cosa sentono, sul piano psico-corporeo del proprio vissuto, quando lavorano online.
(*) Manuela La Neve, Valentina Di Domenico
-
La rivoluzione del digitale in psicoterapia
L’esigenza di parlare di questo tema nasce dall’esser state partecipi della rivoluzione del digitale, che in seguito alla Pandemia ha visto molti colleghi e colleghe chiedere ai propri pazienti di proseguire un lavoro già in essere in forma online o di iniziarlo basandosi su questo nuovo strumento.
Questo cambiamento ha segnato, senza dubbio, la rottura di un precedente equilibrio, sia da un punto di vista strutturale dell’intervento sia semantico.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP, 2020), a partire dalla Pandemia, ha sostenuto la pratica clinica digitalizzata, mettendo a disposizione piattaforme gratuite ed incoraggiando esplicitamente il passaggio alla modalità online, compatibilmente con le singole esigenze degli utenti, considerando dirimenti alcuni fattori facilitanti, quali l’accorciamento delle distanze, la velocizzazione del processo di “accesso” alla terapia, la familiarità e/o la curiosità verso l’utilizzo del mondo digitale. Sebbene l’utilizzo spesso improprio e confondente della definizione di “terapia online”, non lasci ad oggi chiaramente intendere a quale tipo di intervento clinico si faccia riferimento, nell’interrogarsi sui possibili vantaggi e svantaggi dell’online, molti studi di ricerca si sono invece orientati sull’accertarne e comprovarne la validità ed efficacia, tenendo conto dei rischi e delle opportunità. (Barak et al. 2008; Bergström et al. 2010; Gainsbury e Blaszczynski, 2011; Postel et al. 2011; Anderson et al. 2012; Moritz et al. 2012; van der Vaart et al. 2014; Wagner et al. 2014; in Mancuso 2019).
All’inizio degli anni 2000 è stato analizzato un fenomeno noto come “effetto di disinibizione online” (Suler, 2004 in Mancuso 2019), in base al quale le persone tenderebbero ad esprimersi più̀ intensamente nella modalità online piuttosto che di persona. In tal caso, lo schermo viene sentito come una protezione, aiutando il paziente ad aprirsi verso il terapeuta (Mancuso, 2019); ciononostante, permane una perplessità su come si possa non perdere di vista, nell’intervento clinico online, alcune dimensioni epistemologiche della psicoterapia, quali l’intersoggettività, l’inter-corporeità, l’interdipendenza e l’auto-ascolto.
-
Spazio tridimensionale, inter-corporeità e intersoggettività in terapia
Vallario (2020) propone una interessante lettura della transizione dal setting offline a quello online, in termini di possibili “violazione” involutiva oppure di “trasgressione” evolutiva dello stesso. L’autore sostiene che le due componenti cruciali dell’intervento psicoterapeutico, considerabili come “costanti” che si possano appunto “settare” anche in un contesto online, siano il setting e la relazione terapeutica. Secondo l’autore, compatibilmente con un approccio flessibile, si può ricreare in forma virtuale quello spazio di sicurezza e di relazionalità asimmetrica, in cui il terapeuta si faccia contenitore di un messaggio strutturante di fiducia, nel rispetto della confidenzialità, delle distanze professionali e a garanzia di anonimato, favorendo un’esperienza di affidamento in un contesto di significati parimenti condivisi. La violazione della struttura semantica della terapia viene intesa dall’autore come qualunque interruzione del processo di rispetto e di invasione dell’intimità reciproca, laddove la relazione di cura non sia più protetta, né assicurato l’esito clinico della stessa, sia online che offline. Anche l’incontro virtuale in psicoterapia, dunque, potrebbe costituire uno spazio relazionale neutrale e ancora inabitato, una sintonizzazione tra terapeuta e paziente che online possa permettere una narrazione altrettanto intensa e profonda, se il setting e la relazione terapeutica funzionano (Vallario, 2020; Andolfi e Angelo, 1984).
Interessante la riflessione di Pennella e Spaccarotella (2020) sulle relazioni a distanza e sul concetto di doppio setting, rispetto ad una funzione fondamentale del setting esterno. Secondo gli autori, l’ambiente messo a disposizione dal clinico, non deve essere solo sufficientemente confortevole, ma offrire soprattutto un adeguato isolamento dalla realtà̀ esterna. Parlano di uno spazio protetto, con regole diverse da quelle di ogni altra relazione, che permettono al paziente di far emergere i proprio vissuti, che non si esprimerebbero allo stesso modo in altri contesti relazionali.
Lo psicoterapeuta nel setting assume una funzione di “appoggio oggettuale”, offrendo un contenimento ai bisogni di separazione e individuazione gradualmente espressi dal paziente.
Un esempio di questo, nella terapia dal vivo, sta nell’osservazione, da parte dei pazienti, dei propri punti di appoggio sulla seduta, attraverso cui si può rievocare l’esperienza psicodinamica di essersi potuti “appoggiare” o meno da bambini alle proprie figure di riferimento. Mentre si elaborano emozioni e vissuti quali la rabbia, la paura, l’impotenza, l’ansia da frammentazione, il desiderio di cambiamento, ciò che muta nella terapia dal vivo è “stare con” / “sentire” / “contattare” sé stessi, mentre al contempo si sta nell’ intercorporeità della stanza in cui, il terapeuta, sia un elemento co-agente. Nella dimensione online, invece, al paziente viene paradossalmente chiesto che questa stessa funzione venga da lui assunta e che si autosostenga a distanza in un setting esterno, da lui ricreato.
Questa condizione richiede che la persona in questione abbia sufficienti abilità emozionali e cognitive per potersi contenere da sola. Gli autori sostengono che: “Se tale richiesta può̀ dunque essere facilmente esaudita da alcuni pazienti, per altri può̀ invece risultare piuttosto onerosa, in particolare per chi ha un mondo interno caotico, una scarsa integrazione del Sé e una instabilità̀ delle relazioni interpersonali (Pennella, 2024)”. In simili situazioni, potrebbe evidenziarsi il rischio di rafforzare la problematica per la quale la persona è ricorsa ad un percorso di psicoterapia.
Molteplici ricerche hanno analizzato i vissuti dei pazienti e degli psicoterapeuti rispetto alla psicoterapia online, analizzando la loro possibilità di sentirla come una narrazione altrettanto trasformativa, in cui la connessione dialogica e la capacità di simbolizzazione vengono esperite con la stessa intensità della psicoterapia offline. Dal punto di vista di alcuni pazienti la psicoterapia online sembrerebbe efficace in base alla capacità di contenimento, di empatia e di ridefinizione del terapeuta, che incanalino, anche a distanza, il dolore vitale del paziente verso un vissuto integrante e rigenerativo.
Nonostante questa visione e la consapevolezza che nella scelta di seguire un paziente in formula online si esprima la stessa convinzione etica e motivazione autentica, sembra che alcuni professionisti preferiscano, in ogni caso, tornare alla relazione in presenza, dal momento che la formula di “contatto” virtuale con i pazienti mette in discussione il proprio senso di efficacia del percorso svolto (Femia et al. 2020).
Sembrerebbe, infatti, che la terapia online generi in alcuni colleghi e colleghe un maggiore senso di somatizzazione della fatica, una percezione di “di-stanza” non colmabile, un sentirsi al contrario fuori dalla stanza, accomunati da una esperienza di “dis-connessione” sul versante corporeo, con una maggiore tendenza, ad esempio, a muoversi sulla sedia e avvertendo l’impossibilità di sostituire lo schermo alla persona.
In tal caso, la stanza di psicoterapia online è vissuta con una distonia di fondo nel processo di sintonizzazione, essendo limitato l’accesso ad una molteplicità di canali espressivi al cui utilizzo inconscio e conscio saremmo normalmente tendenti nell’entrare in relazione con l’altro.
Se consideriamo presupposto fondamentale del lavoro in psicoterapia l’integrare l’unità corpo-mente del paziente con i vissuti “guida” del terapeuta; se consideriamo l’esperienza del terapeuta come un ingresso nella multidimensionalità dei linguaggi del paziente (pensieri, emozioni, rappresentazioni del Sé e del Sé interagente con gli altri, posture assunte, osservazione delle reazioni neurovegetative e degli schemi difensivi inconsci, etc.); se, inoltre, anche il corpo del terapeuta si fa esso stesso “stanza contenitore di processo evolutivo”, attraverso fenomeni come il controtransfert somatico o l’enactment, sorge un dubbio sulla capacità della psicoterapia online di garantire un lavoro clinico che abbracci tutti questi piani di esperienza del Sé del paziente e del terapeuta. In un’ottica biodinamica del sentire e del pensare terapeutico, si possono prendere ad esempio alcuni elementi di evidente dubbietà che possono generare confusione di senso di fronte al concetto di inter-corporeità co-costruita nello spazio terapeutico: la fissità dello schermo, una concentrazione sullo stesso come la nuova forma di gestalt a cui prestare attenzione, l’interferenza di questo processo di focalizzazione cognitiva con la sintonizzazione su altri canali sensoriali di sentire, la frequente “frammentazione” dei pixels nel percepire il volto altrui, la “disconnessione” altrettanto frequente tra la traccia audio e quella video, il timing delle battute verbali e il doversi spesso chiedere come e quando si sia finito di ascoltare un pensiero espresso dall’altro senza accavallarsi, il “robotizzarsi”, talvolta, delle voci, a causa della “scarsa linea” (dove finiscono i processi di sintonizzazione preverbale, para verbale, non verbale?). Di che “linea” stiamo parlando? Quale è filo rosso di connessione a cui oggi prestare attenzione? Come “sentiamo” il nostro Sé in video? Che significa che il paziente acceda “come” noi alla stanza online, con un click, e come si esemplifica online la dimensione di accoglienza, di holding ed handling in una prospettiva simmetrica di “pari bidimensionalità” a forma di schermo?
Per altro, oltre alla esclusione della visione completa del corpo in video, a cui ci siamo quasi pericolosamente abituati, toccherebbe chiedersi se questo concetto di “abitudine allo schermo” sia più evolutivo o involutivo, specie in un’era in cui si parla di isolamento psichico, fenomeni di alienazione sociale e dipendenza da tecnologia. Senza eccedere in estremismi tecnofobici, diventa cruciale, dunque, questa riflessione sugli effetti della transizione in corso sull’ identità della figura del terapeuta e della nostra professione.
La stanza di psicoterapia, classicamente intesa come “cornice spazio-temporale operazionale della relazione” (Andolfi e Angelo, 1984) si compie inevitabilmente anche attraverso gesti, quali alzarsi e porgere un fazzoletto, oppure contattare l’altro e offrire contenimento corporeo laddove richiesto.
Prendiamo ad esempio il concetto di distanza terapeutica: una delle fondamentali lezioni di prossemica è la comprensione del livello di agio-disagio nella copresenza delle corporeità nello spazio, dove la vicinanza e distanza fisica possano essere simbolicamente utilizzate come vie d’accesso al tema dell’intimità. La posizione della sedia del terapeuta rispetto a quella del paziente, la possibilità di abitare lo spazio della seduta con esercizi corporei di relazione con il Sé e con l’altro, l’intervento della dimensione preverbale a definire il reciproco adattamento psico-corporeo, sono questi elementi verosimilmente regolabili e modificabili nella terapia online?
Non possiamo, inoltre, non considerare questo tema dell’esposizione dal vivo all’altro come secondario nello sviluppo delle abilità di comunicazione e socializzazione.
Seguendo le parole di Leslie (1987, pp.139) secondo cui: “Poiché gli stati mentali degli altri (e anche i nostri infatti) sono completamente nascosti ai sensi, possono solo essere inferiti”, è interessante interrogarsi su come e se sia possibile, nella psicoterapia online, restare in ascolto di tutti questi piani del Sé in una dimensione di “timing” talvolta più veloce, in cui anche i tempi di attenzione e di recupero dell’accumulo energetico per i terapeuti sembrano essere più lunghi a fine seduta.
Un altro quesito importante è quello dell’effetto mirroring e della efficacia nella dimensione online dell’interazione dei nostri neuroni specchio, in assenza del palesarsi della co-presenza incarnata (Cannella e Merciai, 2021).
Secondo la teoria della simulazione implicita della mente di Gallese (2001), quando osserviamo qualcuno in un movimento, il nostro sistema motorio tende a simulare la stessa azione in modo automatico. A tal riguardo, ci si può chiedere come venga influenzato questo effetto mirroring se durante l’interazione tra paziente e terapeuta si viene, ad esempio, catturati dalla propria immagine riflessa, con la conseguente possibilità di rinforzare i reciproci aspetti narcisistici piuttosto che sintonizzarsi sul “qui ed ora” dell’esperire.
Stern (2005) sostiene nel libro “Il momento presente. In terapia e nella vita quotidiana”, che osservando i movimenti del viso, posturali e spaziali delle altre persone, noi tutti siamo in grado di comprenderne a fondo gli stati emotivi nostri e altrui, che ci sia una corrispondenza tra le manifestazioni affettive, il nostro sentirle attraverso il corpo e gli stati della mente, cioè i pensieri e le esperienze che viviamo.
A proposito del tema dell’intersoggettività, la dimensione dell’online pone anche un importante quesito al terapeuta, relativo alla propria capacità di entrare in intimità con l’altro. La scelta di direzionare una terapia online, quando si può anche attivarla dal vivo, potrebbe sollevare un interessante quesito sulle strategie di coping adattivo del professionista e sulla “distanza possibile” sul piano intersoggettivo nel legame con il paziente.
Laddove si abbiano entrambe le possibilità di percorso, sembrerebbe cruciale il concedersi l’esperienza di disvelamento di uno sguardo o di un silenzio in presenza, intendendo abitare ed esperire lo spazio di psicoterapia con significati di un umano tangibile, in cui la co-presenza si faccia “veicolo intersoggettivo di circolazione emozionale” (Onnis, 2014).
Conclusioni
Considerata l’e-therapy una modalità di trattamento ormai da decenni implementata, come sostengono Goisis e Merciai (2022) forse avrebbe senso continuare a valutarne l’efficacia o l’inefficacia senza addentrarsi nel paragone, anche da noi stessi vissuto e sostenuto con la terapia in persona, piuttosto invece bisognerebbe considerarla un altro paradigma, a sé stante, di cui valutare indipendentemente indicazioni e controindicazioni e vissuti.
Forse l’aspetto peculiare potrebbe essere quello di mettersi in gioco e chiedersi, di volta in volta, quale approccio per quale paziente, quali aspetti clinici da prendere in carico, e se anche a distanza sia possibile il costituirsi della dimensione di “setting interno” nell’esperienza del paziente, affinché un intervento sia trasformativo ed evolutivo.
A distanza di decenni dai primi sondaggi sulla diffusione dell’eHealth (Maheu et al., 2000) e delle piattaforme aziendali di assistenza sanitaria, non sono diversi, ad oggi i risultati rispetto alla grande confusione che esiste sul tipo di interventi effettuati e confusi con la psicoterapia. Questo testimonia l’opportunità, oltre che forse la necessità, di tutti noi di porci criticamente di fronte all’uso di internet applicato alla nostra professione, per salvaguardarla eticamente, legalmente e produrre futura ricerca empirica che ci aiuti a sostanziare le domande ancora in essere.
Bibliografia
-
Anderson, R.E., Spence, S.H., Donovan, C.L., March, S., Prosser, S., Kenardy, J. (2012). “Working alliance in online cognitive behavior therapy for anxiety disorders in youth: comparison with clinic delivery and its role in predicting outcome”. Journal of medical Internet research 14, 3, e 88. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Andolfi, M., & Angelo, C., (1984). “Il sistema terapeutico ovvero il terzo pianeta”, Terapia Familiare, vol. 16, 7-25.
-
Barak, A., Hen, L., Boniel-Nissim, M., Shapira, N.A. (2008). “A comprehensive review and a meta-analysis of the effectiveness of internet based psychotherapeutic interventions”. Journal of Technology in Human Services, 26 (2-4), 109-160. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Bergström, J., Andersson, G., Ljótsson, B., Rück, C., Andréewitch, S., Karlsson, A., Lindefors, N., (2010). “Internet-versus group-administered cognitive behaviour therapy for panic disorder in a psychiatric setting: a randomised trial”. BMC psychiatry 10, 1, 54. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Cannella, B., Merciai, S.A., (2021). “La terapia online: setting e corporeità”. Funziona Gamma, 48. 182-198.
-
C.N.O.P., (2020). “Decreto emergenza 11 marzo 2020”, www.psy.it/documenti.
-
Femia, G., Gragnani, A., Federico, I., Zaccari, V., Perdighe, C., Albanese, M., Gagliardo, G., Basile, B., Brasini, M., Giacobbi, M., Pugliese, E., Saliani, A.M., Mancini, F., (2020). “Psicoterapia Online: Limiti e Vantaggi. Il punto di vista dei terapeuti e dei pazienti”. Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva – Associazione di Psicoterapia Cognitiva, Roma, Italia.
-
Gainsbury, S., Blaszczynski, A. (2011). “A systematic review of Internet-based therapy for the treatment of addictions”. Clinical psychology review 31, 3, 490-498. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Gallese, V., (2005), “Being lime me: self-other identity, mirror neurons and empathy”. In Hurley, S., Chater, N. (a cura di), “Perspectives in Imitation I.MIT Press”, Cambridge 2005, MA, 102.
-
Goisis P.R., Merciai S.A., (2022). “Le sfide della terapia online. La psicoanalisi di fronte al cambiamento”. Rivista di psicoanalisi, LXVIII, 3, Raffaello Cortina Editore.
-
Leslie, A.M., (1987), “Children’s understanding of mental world”. In R.L. Gregory (a cura di), The Oxford Companion to the Mind. Oxford University Press, Oxford 1987, p.139.
-
Maheu M.M., Gordon B.L., (2000). “Counseling and therapy on the Internet”. Professional Psychology: Research and Practice, 31, 5, 484.
-
Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Moritz, S., Schilling, L., Hauschildt, M., Schröder, J., Treszl, A., (2012). “A randomized controlled trial of internet- based therapy in depression”. Behaviour research and therapy 50, 7-8, 513-521. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Onnis, L., (2014). “La dimensione dell’intersoggettività nella psicoterapia sistemico-relazionale”. Ecologia della mente, vol. 37, N°1.
-
Pennella, A.R. (2004). “Setting e disturbo di personalità borderline”. In A.R. Pennella (Cur.). “Il confine incerto. Teoria e tecnica del disturbo borderline” (pp. 111-127). Edizioni Kappa. Cit. in Pennella, R.A., Spaccarotella, M., (2020). “Relazioni Cliniche a Distanza e Doppio Setting: Una ricerca pilota e alcune riflessioni sul Setting Online in Psichiatria e Psicoterapia”, 39, 3, 200-218, Giovanni Fioriti S.r.l. editore.
-
Pennella, R.A., Spaccarotella, M., (2020). “Relazioni Cliniche a Distanza e Doppio Setting: Una ricerca pilota e alcune riflessioni sul Setting Online in Psichiatria e Psicoterapia”, 39, 3, 200-218, Giovanni Fioriti S.r.l. editore.
-
Postel, M.G., de Haan, H., Ter Huurne, E.D., van der Palen, J., Becke, E.S., de Jong, C.A., (2011). “Attrition in web-based treatment for problem drinkers”. Journal of medical Internet research 13, 4, e 117. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Stern, D., (2005). “Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana”. Raffaello Cortina editore
-
Suler, J.R., (2000). “Psychotherapy in cyberspace: A 5-dimensional model of online and computermediated psychotherapy”. CyberPsychology and Behavior 3, 2, 151-159. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Sweeney, G.M., Donovan, C.L., March, S., Forbes, Y. (2016). “Logging into therapy: Adolescent perceptions of online therapies for mental health problems”. Internet interventions 15, 93-99. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Vallario, L., (2020) “Il trasferimento delle terapie dall’offline all’online: una questione di setting e relazione from offline to online: setting and relationship in therapies” JPS, Vol. 4(1), pp. 6 – 19 Section: RASSEGNE Doi: 10.23823/jps.v4i1.65
-
Van der Vaart, R., Witting, M., Riper, H., Kooistra, L., Bohlmeijer, E.T., van Gemert-Pijnen, L.J., (2014). “Blending online therapy into regular face-to-face therapy for depression: content, ratio and preconditions according to patients and therapists using a Delphi study”. BMC psychiatry 14, 1, 355. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
-
Wagner, B., Horn, A.B., Maercker, A., (2014). “Internet-based versus face-to-face cognitive behavioral intervention for depression: a randomized controlled non-inferiority trial”. Journal of affective disorders 152, 113-121. Cit. in. Mancuso, F., (2019). “La terapia online: innovazione e integrazione tecnologica nella pratica clinica”. Cognitivismo clinico, 16(2), 193–207.
(*) Psicologhe, psicoterapeute