
Il narcisismo: un deficit primario? La risposta caratteriale del bambino manipolato? L’identificazione progressiva a una cultura dell’immagine e del potere?
L’articolo esplora il concetto di narcisismo, collegandolo al mito di Narciso e alle teorie di Freud. Viene definito il narcisismo primario come l’amore che un bambino prova per se stesso, sviluppato attraverso l’interazione con una figura di attaccamento come la madre. Il narcisismo secondario, invece, rappresenta un ritiro dell’amore per gli altri, con un sovrainvestimento nell’io.
Si discute l’importanza dei genitori nello sviluppo del narcisismo nei figli, con un focus sui genitori che usano i figli per soddisfare i propri bisogni narcisistici, potenzialmente portando i bambini a sviluppare un senso di sé basato sull’illusione e sulla manipolazione.
Viene anche esplorata l’idea della guarigione dal narcisismo attraverso la terapia, che può aiutare le persone a riconnettersi con il loro vero sé, superando le fantasie narcisistiche e accettando il bisogno di dipendenza e connessione con gli altri.
Infine, si analizza l’evoluzione del narcisismo nel contesto socioculturale, evidenziando come i cambiamenti sociali e culturali abbiano influenzato la prevalenza del narcisismo, e come la mancanza di una presenza genitoriale adeguata possa portare a un deficit di narcisismo primario nei bambini, manifestandosi poi come narcisismo secondario in età adulta.
Guy Tonella Ph.D. (*)
Psicologia del narcisismo
Ricordiamo brevemente il mito di Narciso. Un giovane uomo di nome Narciso, molto bello, disdegna il desiderio e l’amore degli altri. Vedendo un giorno la propria immagine riflessa sull’acqua, se ne innamora, divenendo amante di se stesso, e finisce per uccidersi.
Questo mito introduce insieme il “narcisismo primario” e il “narcisismo secondario”, così come Freud li ha distinti.
Narcisismo primario
Per Freud, il “narcisismo primario” caratterizza l’amore che il bambino originariamente rivolge a se stesso cercando anzitutto il suo stato di benessere. Tuttavia, Winnicott, precursore della teoria dell’attaccamento, sottolineava a ragione che è il vedersi riflesso nello sguardo di una madre che l’ama che consente al neonato si sentirsi confermato nella sua esistenza e gli permette di amare se stesso. Il narcisismo primario è dunque il risultato di un doppio investimento affettivo, di sé e dell’altro.
L’aspetto fondamentale che introduce il mito di Narciso concerne il riflesso dell’immagine di sé, nel bene (il narcisismo primario) e nel male (il narcisismo secondario):
- nel bene quando questo riflesso di sé passa attraverso la figura d’attaccamento e si carica di un valore positivo che chiamiamo “amore narcisizzante”,
- nel male quando questo riflesso non è che quello del proprio sguardo e l’amore per sé non può venire che da sé; l’altro non può allora, di conseguenza, divenire oggetto d’amore.
Il deficit di investimento affettivo di sé attraverso la propria figura d’attaccamento può essere una delle cause del narcisismo secondario: non essere rispecchiato con amore nello sguardo della propria madre porta a cercarsi nel proprio sguardo. Questo narcisismo secondario è una reazione ad un deficit di narcisismo primario e conduce ad un Falso Sé. Lowen ha trascurato questa eziologia, guardando essenzialmente al narcisismo secondario come risposta caratteriale a un investimento utilitaristico (egoistico, opportunistico) o abusante del Sé del bambino da parte di uno dei due genitori, al fine di soddisfare i propri bisogni narcisistici.
Narcisismo secondario
Per Freud, il “narcisismo secondario” rappresenta il ritiro dell’amore o dell’interesse per gli altri. Questo disinvestimento dell’altro comporta un sovrainvestimento di sé. Facendo questo, il soggetto cessa di stabilire relazioni di reciprocità con l’altro; sfugge così ad ogni forma di intersoggettivazione socializzante.
Lowen (1985) analizza il processo interpersonale genitori-bambino. Il bambino, a partire dall’età di circa due anni, comprendendo sufficientemente le domande verbali dei suoi genitori, è utilizzato da almeno uno dei due per soddisfare i suoi bisogni narcisistici: “Tu devi essere come serve a me. Se sei e fai quello che voglio io continuerò ad amarti”. Il bambino deve rinunciare ai suoi bisogni e rispondere ai bisogni dei genitori per preservare la protezione e l’amore. Così deve “dissociarsi” dai propri impulsi e bisogni corporei.
D’altro canto, assapora progressivamente questo immenso potere di soddisfare i bisogni di un adulto: ciò fa di lui un bambino “speciale”, particolarità che gli è confermata dal suo genitore seduttivo e/o manipolatore: “Bene! Sei un prodigio!”. Il bambino, dissociato dalla sua realtà corporea, sensorio-emozionale, basa la sua esistenza su questa illusione fantasmatica. Adulto, eserciterà il suo potere, a partire da questa posizione affettiva “speciale”, profondamente interiorizzata, ed utilizzerà per i propri fini la sua lunga esperienza acquisita di seduzione e manipolazione. Nel corso dello sviluppo, l’identità corporea andrà persa.
Ho avuto in terapia un adulto narcisista, a forte tendenza psicopatica. Egli ricordava che, verso i tre anni, quando i genitori si separarono, sua madre gli disse. “D’ora in poi, tu sei il mio piccolo uomo”. Si ricordava lo sguardo di questa madre e il sentimento ambiguo che lo invase. Durante tutti gli anni della sua infanzia, divenne l’oggetto adorato di sua madre, a condizione di restare accanto a lei, di farle le moine e di ripeterle costantemente: “ti voglio bene mia piccola cara mamma e non ti lascerò mai”. Come contropartita, sua madre lo amava appassionatamente, lo guardava con degli occhi che lo divoravano. Ricordava il momento del bagno: lei lo lavava premurosamente, lo accarezzava guardandolo negli occhi fino a farlo sentire a disagio, e gli diceva: “Ti piace molto eh ! Piccolo birichino!”
Quest’uomo di 40 anni si è rivolto a me perché cominciava a sentire degli impulsi violenti verso la sua terza moglie. Era già stato ricoverato precedentemente per violenze coniugali. Aveva anche subito un trattamento per la disintossicazione dall’alcool. Aveva un’ambizione senza limiti, e sognava di entrare in politica.
All’inizio della terapia, quest’uomo era incapace di avere dei sentimenti. Mi usava con molte pretese, cercando di adularmi perché io lo adulassi a mia volta. Cercava di essere speciale per me. Voleva mostrarmi il suo potere e il suo successo professionale perché io lo ammirassi. Ma quello che provavo per lui era dolore, compassione, e a poco a poco, tenerezza verso il bambino che aveva tanto sofferto. I sentimenti che provavo per lui gli consentirono di commuoversi e di iniziare ad avere dei propri sentimenti, tra cui sentimenti depressivi, ma anche di amore per me (il padre che non aveva avuto). Ciò determinò uno stato di vulnerabilità che divenne intollerabile quando iniziò la sua carriera politica. Un giorno non venne in seduta e, nonostante i miei cenni, scomparve.
La strategia del genitore che seduce il bambino per metterlo al servizio dei propri bisogni sarà la strategia del bambino divenuto adulto. Questo pattern relazionale diviene spesso transgenerazionale: il bambino lo subisce, poi da adulto lo riproduce.
Il narcisismo non è nato nel ventesimo secolo, ma il ventesimo secolo l’ha diffuso a grande velocità. Il narcisismo sociale e il narcisismo psicologico hanno così sviluppato una complicità diabolica inscindibile. Per illustrarlo, vi propongo brevemente di comprendere l’evoluzione sociologica dell’Europa tra il 1900 e il 2000.
Sociologia del narcisismo
La cultura vittoriana (sotto il regno della regina Vittoria d’Inghilterra), ha imposto sino all’inizio degli anni 1900, delle norme educative molto rigide e dei valori morali molto forti che influenzarono l’Europa tutta intera. In questa cultura si combinano e si equilibrano forze materialiste, precetti morali e sentimenti religiosi. La struttura familiare è basata su questi valori umani normativi ma anche strutturanti. I sentimenti umani hanno un posto importante ma le convenzioni sociali limitano la loro espressione, in particolare nella sfera della sessualità. Le sensazioni corporee e i sentimenti devono essere trattenuti; l’espressione corporea, emozionale e sessuale è sottoposta a rimozione. La traduzione psicopatologica ne è il sintomo isterico. Freud lo teorizza verso il 1900, nel periodo in cui costruisce la teoria psicoanalitica.
La cultura vittoriana, sul piano psicologico, ha l’impatto culturale seguente:
- La struttura familiare è tradizionale. Il bambino che nasce è allattato dalla madre a casa, in una prossimità sensoriale, corporea e affettiva favorevole allo sviluppo dei legami d’attaccamento sicuri. I principi morali e sociali sono trasmessi da un padre presente e da istituzioni educative (scuola, chiesa, associazioni sportive). Il bambino si sviluppa in un contesto familiare e socioculturale che gli permette di costruire la sua identità.
- Di contro, questa struttura identitaria così costruita è sottoposta alla repressione sessuale secondo norme convenzionali molto rigide e introduce la colpa in rapporto ai desideri e a pratiche sessuali interdette, Ciò è all’origine del conflitto interiore e della psicopatologia nevrotica da cui nasceranno le grandi teorie e pratiche psicopatologiche della prima metà del secolo (Freud e Reich).
Durante la seconda metà del ventesimo secolo, l’introduzione massiva delle macchine, la necessità di una manodopera su larga scala, la produzione accelerata, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, il movimento di liberazione delle donne e il loro ingresso nella vita professionale attiva creano un cambiamento dei valori sociali e culturali. Questi mutamenti modificano i parametri socio-culturali e daranno vita ad trasformazione ancora in corso. Questa ha luogo attraverso un movimento di contestazione che ha origine in Francia nel maggio del 1968 e scuote tutta l’Europa e oltre. Ciò conduce alla liberazione dei costumi sessuali, ad una educazione non direttiva, al liberismo economico e alla società dei consumi, un consumo dapprima “utile” (dei beni strumentali che facilitano la vita) seguito da un consumo “futile”. L’epoca dell’apparire: apparire all’apice del progresso, all’apice della moda, “essere al top”. L’era della società narcisistica è nata.
Tutto ciò si accompagna ad un cambiamento dei valori culturali di riferimento e, d’altra parte, ad una trasformazione della struttura familiare nel suo funzionamento:
- I valori culturali mutano dall’essere se stessi all’apparire, dalla qualità del vivere (nella quale il tempo e il ritmo sono fondamentali) alla quantità dei beni (che implica la frenesia e lo stress), dal centrarsi sui propri bisogni all’adesione alle immagini del mercato estranee a se stessi.
Il funzionamento familiare è trascinato in questa trasformazione:
- la madre, lavorando d’ora in poi, non offre più al piccolo bambino in sviluppo una presenza disponibile. Può divenire preoccupata, stressata o depressa. Rischia di assentarsi dai legami di attaccamento di cui il piccolo bambino ha bisogno per costruire il suo Sé e la sua identità.
- Il padre, meno disponibile, si sottrae alla sua funzione strutturante, quella che pone i limiti spiegando le regole reali di funzionamento della comunità umana. Questi genitori, nell’urgenza e la fatica, nella frustrazione, a volte nella privazione, non prendono più il tempo sufficiente per manifestare la tenerezza al loro bambino, per guardarlo e vederlo, per esprimergli la loro fiducia nelle sue competenze e nel suo valore. Questi genitori, per mancanza di disponibilità, non si relazionano ai loro bambini ma recitano una “funzione di ruolo”. E qualche volta chiedono al bambino di svolgere egli stesso un ruolo complementare.
Questo deficit della funzione genitoriale, o l’uso del bambino da parte del genitore, creano un cambiamento del paradigma psicopatologico.
- Il bambino soffre la mancanza di una presenza genitoriale che offra sufficienti sicurezza, fiducia e autostima: chiameremo questa condizione deficit di narcisismo primario o deficit di narcisizzazione. Il bambino, vulnerabile e mancante di riferimenti interiori, cerca allora dei riferimenti nella società. Trova i modelli offerti dalla cultura narcisistica e ci si identifica. Riproduce così le caratteristiche narcisistiche del suo ambiente: il cerchio è completo;
- i genitori domandano al loro figlio, in età di rispondergli, di funzionare per loro e di soddisfare alcuni dei loro bisogni (narcisistici) insoddisfatti. Il bambino deve allora rinunciare ai propri bisogni per soddisfare i loro: si dissocia dalla sua identità corporea e si sottomette agli occhi del potere genitoriale. Il bambino è trascinato sulla via del narcisismo (narcisismo secondario), nel quale dominano la fantasia e il potere sull’altro.
Si può guarire dal narcisismo?
Come rinunciare a vivere nell’immagine, nell’apparire, alla facciata, al “come se”? Come rinunciare alle fantasie di essere ammirevole e ammirato? Come rinunciare a essere al di sopra delle leggi che governano i comuni mortali?
Cosa possiamo offrire nella psicoterapia, al posto di tutte queste rinunce?
Ciò che possiamo offrire ai nostri pazienti, noi analisti bioenergetici, è la possibilità di esistere nuovamente in maniera incarnata e autentica, di ritrovare se stessi sentendo il battito del loro cuore, il ritmo della loro respirazione, la sensazione di gioia che pervade i loro corpi quando liberano le sensazioni pulsative di espanzione-contrazione e i movimenti spontanei. Tutto questo e semplicemente questo.
Il Vero Sé per come è, è anche fatto per amare ed essere amati perché è un’entità biologicamente sociale. Il paziente narcisistico dovrà scoprire nella relazione terapeutica che il legame umano autentico permette di crescere nella sicurezza, di costruirsi nella fiducia e nella stima reciproca, nella co-creazione interpersonale. Bisognerà osare esprimere di nuovo un bisogno, fosse pure un bisogno di bambino.
Bisognerà attraversare l’enorme paura della dipendenza e la vergogna di avere bisogno di un altro, fare l’esperienza tanto attesa di poter infine guardarsi intorno, osare un movimento verso l’altro, abbracciarsi, sentirsi sostenuto per permettersi di fare l’esperienza di abbandonarsi senza pericolo…
Il corpo proprio è il luogo del Vero Sé, tessuto con delicatezza da millenni tra Natura e Cultura perché homo faber e homo sapiens non divengano homo demens. Il corpo proprio è una rete: collega universo e atomi, materia ed energia, ripetizione e creazione, fisica meccanica e opera della coscienza soggettiva. È perché le nostre cellule pulsano che noi ci sentiamo viventi, ma è perché la nostra corteccia orbitofrontale fabbrica delle immagini che questa sensazione di vitalità s’inscrive nella nostra coscienza identitaria. Immagine e sensazione si estendono e interagiscono…. A meno che l’homo sapiens non annienti la sensazione per non godere che dell’immagine, dell’illusione, della follia.
L’Analisi Bioenergetica opera per essere questo “traghettatore” dalla riva pulsativa alla riva pensante e viceversa. Noi siamo dei traghettatori tra la coscienza della nostra realtà cellulare e la coscienza della rappresentazione di sé. Siamo dei traghettatori tra l’appartenenza alla Natura e l’iscrizione nella Cultura.
Guarire dal narcisismo, è riapprendere che la coscienza corporea è la matrice della coscienza del Sé. È riprovare attraverso il proprio corpo che questa coscienza elementare poggia su una realtà cellulare, pulsativa, ondulatoria. È risentire la ritmicità di questi flussi biologici, proprietà elementare della materia vivente, come una danza incessante e adattativa.
Guarire dal narcisismo è abbandonarsi all’esperienza di oscillazione tra l’ancoraggio alla terra ferma (il “grounding” di Lowen) e il “sentimento oceanico” di appartenenza all’universo tutto intero. Poiché noi siamo roccia e vento. Siamo materia atomica e spirito creativo. L’esperienza bioenergetica tesse questo continuum tra l’atomo e lo spirito, questa complessità vertiginosa dalla quale emergono il rinnovamento, la creazione, l’amore e la bellezza. Ha il potere straordinario di far vivere l’unione tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, tra il sentimento di umiltà e il sentimento di esaltazione. L’esperienza bioenergetica ha questo potere potenziale di far diventare continuamente l’homo faber homo sapiens, preservandolo, fino a che si può fare, dal demonio narcisistico dell’homo demens.
Conclusioni
Arriviamo alla fine del nostro viaggio nei corridoi del narcisismo, dei narcisismi. Infatti, che si soffra di una carenza di narcisizzazione (primaria) o di un surplus narcisistico (secondario), l’esperienza intima è simile: si soffre di una mancanza del corpo e di un troppo d’immagine e di pensiero. Non potendo incontrarsi nell’elementare sensazione di se stessi, ci si cerca negli specchi, rischiando di perdersi nel riflesso di mille immagini di sé. Non abbiamo allora altra scelta che rompere lo specchio e riprendere il cammino della verità elementare, che conduce, nei luoghi del corpo, alla ritmicità pulsativa iniziale.
(*) Trainer dell’Istituto Internazionale di Analisi Bioenergetica, membro e didatta del Sindacato Nazionale Francese degli Psicoterapeuti